Per alcuni dei nostri migliori clienti:
le agenzie di traduzione

Cos'è una traduzione difficile?

Il concetto di difficoltà di traduzione è relativo. Secondo molti le più difficili sono per eccellenza le traduzioni tecnico/scientifiche o specialistiche. Va da sé che lo sono per chi non conosce i settori applicativi e la terminologia specifica, mentre traduttori specializzati esclusivamente nei domini tecnici possono incontrare difficoltà con testi che richiedono invece una particolare capacità o sensibilità espressiva.

Traduttore ignoto

Traduttore ignoto

Uno qualunque di noi traduttori?

Le traduzioni non sono equazioni matematiche. Possono infatti avere più soluzioni esatte.

Anche una lettera personale o commerciale può richiedere notevoli sforzi d'interpretazione e di fedeltà di contenuto nell'altra lingua. Oltre alla necessaria capacità espressiva nella lingua attiva, ciò richiede altresì una solida esperienza di traduzione e, più spesso di quanto comunemente si crede, più tempo di una traduzione specialistica, le cui componenti più importanti sono solo le conoscenze di settore e terminologiche.

Si può dire che le traduzioni effettivamente difficili sono, alla fine, quelle che richiedono più tempo a prescindere da una classificazione fatta sulla base di criteri arbitrari.

Le agenzie di traduzione giapponesi, ad esempio, spesso stabiliscono le tariffe sulla base di una categorizzazione che vede quasi sempre le lettere personali/commerciali e i messaggi email nella posizione più bassa della scala delle difficoltà – quindi più economiche – a prescindere dal loro contenuto, come se non potessero anch'essi trattare argomenti difficili da comprendere e/o da tradurre.

Alle agenzie di traduzioni che automaticamente si aspettano da noi tariffe più basse per la traduzione di corrispondenza personale o commerciale, rispondiamo che prima preferiamo vedere il testo di partenza.

Il ruolo del revisore per le agenzie di traduzioni

Benché l'esigenza di sottoporre una traduzione al controllo di un revisore sia spesso giustificata, se non raccomandata – in genere il traduttore ha più difficoltà a individuare i propri errori che quelli degli altri –, altrettanto spesso rischia di creare un nuovo problema anziché risolverlo. Questo problema, appunto, è il revisore stesso, quello non all'altezza del compito, oppure poco onesto, una categoria vasta e florida che non è facile valutare soprattutto quando non si conoscono le lingue coinvolte.

Competenza linguistica ed etica professionale a parte, perché bisogna spesso ricordare che la traduzione non è una scienza esatta, che allo stesso risultato si può giungere in diversi modi chiamati stili di scrittura e capacità espressiva, le prede principali del revisore poco etico?

I rischi di una revisione testi sbagliata
È necessario impiegare revisori effettivamente qualificati

È molto raro che le agenzie di traduzione italiane dispongano di traduttori o revisori giapponesi interni. Devono perciò dipendere da altri traduttori esterni, le cui capacità ed etica professionale sono tuttavia difficilmente verificabili se non li conoscono a fondo. Per questo è necessario che almeno coinvolgano il traduttore originale nel processo di revisione testi, per non fargli mancare il diritto di replicare e giustificare le proprie scelte linguistiche.

Altro errore potenzialmente grave ma molto frequente (in particolare nelle agenzie di traduzioni giapponesi) è l'impiegare revisori giapponesi per il controllo di testi tradotti da madrelingua italiani, perché pur non avendone oggettivamente le capacità se non quella di rilevare palesi errori di traduzione, si arrogano altresì il diritto d'intervenire nello stile di scrittura.

Chiediamo alle agenzie di traduzioni di impiegare esclusivamente revisori madrelingua per controllare le nostre traduzioni, se necessario, e di coinvolgerci sempre nei loro interventi anziché accettarli passivamente.

Il pezzo di carta e l'esperienza di traduzione

Sono fondalmentalmente due i percorsi di carriera del traduttore professionista: 1) partendo dalla formazione universitaria, perciò puramente linguistica, e 2) provenendo da esperienze lavorative in cui le lingue sono state uno strumento essenziale in supporto a una o più specializzazioni (oltre che ad essere state apprese in vari studi scolastici.

laurea di traduzione
Il “pezzo di carta” è veramente necessario?

Il punto è: come si diventa traduttori professionisti? Se – come noi crediamo – è necessario e sufficiente conoscere a fondo le lingue trattate, sapere scrivere correttamente nella lingua attiva, conoscere il registro adatto per ogni tipo di lavoro, aver cura dei dettagli, trovare piacere per questo lavoro e, naturalmente, avere esperienza, che però per tutti viene col tempo, nella sostanza cosa differenzia i due percorsi dal punto di vista del risultato? Inoltre, è sempre vero che chi ha studiato traduzione o lingue all'università sa tradurre meglio degli altri? Le opinioni divergono e anche noi ovviamente abbiamo la nostra.

Esistono ancora agenzie di traduzioni che selezionano i traduttori principalmente sulla base della qualifica accademica, perdendo così l'opportunità di avvalersi di chi, oltre a saper tradurre bene, ha più esperienza pratica e conoscenze specialistiche che i traduttori di pura formazione linguistica non hanno perché non ricevono tra le mura universitarie, e la cui acquisizione richiede molto più tempo.

Noi non siamo laureati in traduzione né in lingue. Tuttavia la nostra formazione linguistica, costruita prima in varie scuole pubbliche e private, rafforzata nell'ambito dell'industria internazionale e quindi affinata in continuazione come traduttori freelance dal 1997 in Giappone, è molto solida. Se desiderate conoscere il nostro profilo accademico-professionale non esitate a richiedere il nostro CV combinato.

Traduzioni troppo letterali

Il bravo traduttore rifugge dalla traduzione troppo letterale, uno degli aspetti più frustranti della professione e probabilmente il meno compreso dai committenti che non conoscono le peculiarità delle lingue – di alcune più di altre, tra queste certamente il giapponese che per il traduttore italiano presenta molte insidie risolvibili solo con la competenza e l'esperienza.

Le traduzioni troppo letterali uccidono il buon stile di scrittura
Traduzioni troppo letterali?
Non da noi.

Se è vero che la traduzione letterale è in genere desiderabile nelle traduzioni tecniche che richiedono maggior rigore terminologico e minor elaborazione stilistica, se eccessiva può produrre testi poco intelligibili dietro i quali spiccano l'inesperienza del traduttore, l'insufficiente conoscenza della lingua di partenza (cioè dei significati che se non ben compresi costringono necessariamente alla traduzione letterale), l'uso meccanico e acritico delle memorie di traduzione o, sempre più frequente, l'eccessivo affidarsi alla traduzione automatica senza adeguata revisione umana.

A causa della peculiare struttura sintattica della lingua giapponese, oppure quando si traduce da una lingua che a sua volta è una traduzione troppo letterale dal giapponese, è particolarmente facile essere indotti in questo errore se non si è disposti a uno sforzo di rielaborazione superiore a quello che normalmente richiede un'analoga traduzione da una lingua strutturalmente più simile all'italiano. La nostra pagina del controllo di qualità di traduzione spiega il nostro processo di traduzione dal giapponese.

Le traduzioni troppo letterali spesso nascondono anche l'incapacità del traduttore di esprimersi correttamente e in modo sufficientemente articolato nella propria lingua, o più semplicemente la necessità di abbreviare il tempo di traduzione per conformarlo alla bassa tariffa accettata.

Contrariamente al pensiero comune, secondo noi anche la traduzione tecnica o specialistica merita uno standard di scrittura che inviti alla lettura anziché scoraggiarla, mentre gli esempi di brutte traduzioni perché trascurate anche nella forma abbondano.

Per inclinazione professionale, nel necessario rispetto del rigore terminologico e di eventuali istruzioni del committente preferiamo tradurre con una certa creatività dosandola sulla base del tipo di testo e del pubblico di destinazione.

Uso eccessivo di parole di provenienza straniera

Italiani e giapponesi subiscono in particolar modo il fascino delle parole straniere. Ne usano a bizzeffe, spesso a sproposito, in modo errato e quasi sempre senza reale necessità linguistica. In questo nessuno batte i giapponesi.

Gli esempi abbondano nella vita quotidiana e non soltanto nel campo della traduzione. Al di là delle ragioni che tentano di spiegare questo bizzarro fenomeno che è forse senza pari al mondo, è innegabile che oggi ne siano Internet e i mezzi di comunicazione di massa i maggiori catalizzatori. Benché sia vero che le lingue evolvono in continuazione (l'hanno sempre fatto) e che tentare di contrastare questa tendenza è futile, una cosa è l'evoluzione linguistica come prodotto dell'integrazione interculturale naturale di lungo termine e un'altra è la predisposizione alla globalizzazione linguistico-culturale per fini puramente estetici.

Fascino delle parole straniere (gairaigo)
Perché così tante parole straniere nella nostra lingua? Basta con questa pazzia!

Ad alimentare ulteriormente questa tendenza sono gli stessi traduttori: poco interesse a ricercare alternative nella propria lingua madre per semplice conformismo, per accettazione acritica di quanto offre il mare della comunicazione di massa o anche solo per timore di andare contro corrente. Le giustificazioni non mancano – «ormai si dice così anche in italiano» è la più diffusa in Italia – mentre «ora si traslittera dall'inglese» è invece quella più diffusa in Giappone, che affoga ormai in un mondo tutto al katakana.

Noi crediamo che le agenzie di traduzioni debbano esercitare un maggior controllo sull'uso eccessivo delle parole straniere da parte dei propri traduttori, trasformandosi esse stesse in un autorevole riferimento linguistico.

Per quanto possibile noi ci sforziamo di usare i vocaboli e le espressioni proprie della lingua italiana e giapponese, limitando l'uso di termini stranieri ai casi in cui ciò sia effettivamente giustificato o quando siano stati effettivamente acquisiti dall'uso di lungo termine.

Agenzie di traduzioni e traduttori all'estero

Una volta si diceva che gli espatriati perdono progressivamente la capacità di parlare e scrivere nella propria lingua madre, o lingua attiva.

Questo, si diceva, per l'assenza di occasioni di praticarla sistematicamente, per questioni ambientali o persino per scelta personale. Forse succedeva di più nell'era pre-Internet, prima dell'avvento della digitalizzazione. Ma ora, nel terzo millennio, ha ancora senso questa affermazione? Ed è sempre prudente generalizzare così, ignorando deliberatamente i traduttori professionisti residenti all'estero che proprio della loro capacità linguistica vivono? Per molte agenzie di traduzione sembra ancora di sì e, infatti, sembrano essere ancora molte quelle che selezionano i traduttori principalmente sulla base della residenza nel paese della lingua attiva: traduzioni giapponese → italiano per chi vive in Italia e traduzioni italiano → giapponese per chi vive in Giappone.

Certo, non si può affermare che il rischio di perdere la padronanza della lingua madre sia nullo per chi vive all'estero da molto tempo senza esercitarla adeguatamente. Ma con quale certezza si può invece affermare che vivere nel proprio paese d'origine sia una condizione sufficiente per parlarla e scriverla correttamente? Ogni giorno siamo inondati da esempi di quanto proprio gli italiani d'Italia la stiano maltrattando. Lo si nota ovunque in Internet, sui quotidiani e nelle riviste, e spesso ci chiediamo se certi testi non dovrebbero essere sottoposti a un'energica revisione mono-lingua prima di essere pubblicati.

Oggi la pratica spesso vantata da alcune agenzie di traduzione di selezionare i traduttori prevalentemente sulla base del paese di residenza è discutibile e poco realistica.

(Ab)uso dei programmi CAT

I programmi CAT (traduzione assistita dal computer) sono sempre più diffusi e molti traduttori, noi compresi, ne possiedono più di uno. La loro utilità come ausilio di coerenza terminologica e supporto pre-DTP è ovvia, e per questo sono ormai uno strumento imprescindibile soprattutto per la traduzione tecnica.

Strumenti CAT per la traduzione
Spesso gli strumenti CAT sono un ostacolo alla buona qualità di traduzione

Non sono tuttavia poche le agenzie di traduzione che ne richiedono l'uso anche per testi poco o per nulla ripetitivi – spesso di tipo editoriale ove nulla mai si ripeterà –, requisito che oltre ad essere poco comprensibile dal punto di vista pratico rende inutilmente più difficile la vita al traduttore e, contrariamente a quanto possono affermare le agenzie stesse, non facilita la qualità di traduzione.

L'idea di risparmiare sul compenso del traduttore riutilizzando quanto già tradotto in passato e al momento disponibile in una memoria di traduzione, come se non fosse possibile migliorare una traduzione precedente, tutto sommato è comprensibile purché tale risparmio venga girato al committente della traduzione (che spesso non sa neppure cosa siano i programmi CAT).

Riutilizzare frammenti più o meno isolati di traduzioni esistenti, magari superate, non considerando quanto lavoro dovrà fare in più il traduttore per metterle insieme guadagnando però meno è però incomprensibile, così come lo è non sottoporre periodicamente a manutenzione memorie di traduzione vecchie di anni o decenni, spesso fondamentalmente sbagliate, magari figlie della traduzione automatica o create da un allineamento un po' bislacco, o semplicemente perché sono un'accozzaglia di mani diverse.

Lavoriamo molto con i programmi CAT (CafeTran, Memsource, Déjàvu e SDL Studio) anche quando ciò non ci viene esplicitamente richiesto, se non altro per usufruire dei dizionari che abbiamo costruito negli anni, per evitare di saltare inavvertitamente qualche frase o per mantenere l'impaginazione originale, e benché a volte richiedano tempi aggiuntivi per la preparazione di certi tipi di lavoro o la risoluzione dei problemi che essi stessi creano, riteniamo che nel complesso permettano di aumentare sensibilmente la qualità formale (non necessariamente contenutistica) delle traduzioni.

Questa pagina dedicata alle agenzie di traduzione si prefigge unicamente lo scopo di fornire un'idea di come lavoriamo, di come pensiamo e di cosa da esse ci aspettiamo per lavorare meglio.

La nostra visione della traduzione, forse ancora alquanto “romantica” se così si può dire, è volta anche alla difesa della lingua italiana o giapponese dalla globalizzazione culturale dilagante che oltre all'appiattimento linguistico minaccia di trasformare il mondo in un enorme e insipido minestrone. Per questo pensiamo a cosa secondo noi le agenzie di traduzioni dovrebbero altresì essere: un riferimento professionale autorevole in egual misura per traduttori e committenti finali.

Su